Proviamo paura e odiamo avere paura. Odiamo quel nostro essere così spaventati, infantili, irragionevoli.
Ci sentiamo tristi ma non tolleriamo la tristezza. Odiamo quel non riuscire a reagire, quello stare immobili senza trovare la forza di attivarci, di darci una scrollata, di ripartire.
Siamo arrabbiati, litighiamo, prendiamo a pugni il muro, lanciamo a terra gli oggetti, poi ci sentiamo matti, pensiamo che non sia adeguato e normale reagire così impulsivamente a ciò che accade.
Tutto ciò che accade dopo aver provato un’emozione intensa e che va nella direzione opposta al provare tenerezza, compassione per noi stessi che soffriamo, non fa che farci stare peggio ancora.

E se quella paura, quella tristezza, quella rabbia, quella vergogna, quella colpa fossero delle parti bambine di noi? Se fossero parti traumatiche che si riattivano nell’oggi e si sentono ancora come quando avevamo 3 anni, 7 anni, 13 anni?

Il trauma funziona esattamente così. Imprime nel corpo la memoria ed il ricordo di come ci ha fatto sentire l’evento traumatico, poi se lo ricorda anche anni, decenni dopo. E finiamo per sentirci oggi, di fronte a quegli stimoli che ricordano il trauma, esattamente come quando l’abbiamo provato per la prima volta. Quel bambino che ha provato tanto dolore ha lasciato una traccia, è rimasto in noi e nel nostro corpo. Il vissuto di quel bambino si riattiva oggi, di fronte a situazioni che possiedono dettagli analoghi all’evento originario traumatico e capaci di sollecitare il ricordo di come ci siamo sentiti.

Allora proviamo a riflettere. Come si sentirebbe quel bambino di 3, 7, 13 anni se di fronte al suo aver paura, essere triste, arrabbiato o al suo vergognarsi noi rispondessimo insultandolo, guardandolo con disprezzo, rifiutandolo o respingendolo? Probabilmente starebbe mille volte peggio, non riuscirebbe più a calmarsi! Si terrorizzerebbe, si sentirebbe mortificato,

umiliato, sbagliato, non visto, non rassicurato.

Questo è esattamente quello che ci accade quando trattiamo noi stessi e le nostre emozioni intense criticandole o provando disprezzo o repulsione per quella parte di noi che sta soffrendo. La conseguenza è la totale impossibilità di calmarci e, di conseguenza, di regolare l’emozione intensa che stiamo provando. Anzi, l’emozione diventerà più intensa o ne compariranno altre altrettanto dolorose e intense.

La psicoterapia ha come finalità l’accogliere e il prendersi cura, con tenerezza e compassione, delle nostre “parti bambine”, di rassicurarle, prenderle per mano, abbracciarle o fornire loro risposte validanti, calde e accoglienti.

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